Afrocubismo boreale

A gennaio faccio sempre le migliori scoperte di musica africana. Sarà perché è uno dei mesi più difficili da far passare; come per novembre non ci sono feste, avvenimenti particolari e rischi di passare la mattina a sbrinare il vetro dell’auto. Nonostante il freddo, questi primi dieci giorni del 2020 sono stati piuttosto miti. E forse la condizione climatica ha contribuito alla malsana coincidenza. Qualche anno fa scoprii proprio di questi tempi Sekuru, adesso mi sono spinto abbastanza oltre.

È iniziato tutto con Afrocubism, disco che nel 2010 ha vinto un Grammy per la miscela di Son cubano e Mande music, vecchio pallino del glorioso Buena Vista Social Club. Ringraziando, quindi, la World Circuit Records mi sono calato in una selva di etichette e dischi che, grazie alla rete, ho cominciato a rintracciare e ascoltare. Maledetti Talking Heads: quando le loro canzoni giravano per casa e io non ero ancora adolescente, a stento sapevo cosa fosse la world music, sicuramente non potevo immaginare quanto le ibridazioni culturali mi avrebbero affascinato in futuro. Comunque, tornando ai giorni nostri, arrivo ben presto a conoscere Bongo Joe, un’etichetta bellissima che è diventata anche Cafè fisico in Svizzera.

Dal centro dell’Europa a quello di New York, ma sempre con l’Africa nel cuore. Ostinato è un’altra label davvero interessante; ci sono arrivato tramite la compilation Star Band de Dakar: Psicodelia Afro-Cubana de Senegal, che è stata rimasterizzata in una versione che comprende anche un saggio sul Cubanismo in Senegal.

Non è stata una scoperta, ma l’ennesima conferma: chi mi conosce sa che per me i tre alfieri di Bbc 6 sono intoccabili e, spero ancora per poco, inarrivabili. Uno di loro è Gilles Peterson che oltre a fare un programma fantastico il sabato pomeriggio, gira il mondo e ha un’etichetta di world music imprescindibile per gli amanti del genere. La Brownswood raccoglie tante realtà da tutto il mondo, preferendo le mescolanze tra oriente e occidente. In questo periodo mi è capitato questo Ep omonimo dei Kokoroko, band nu jazz londinese da non confondere coi Kokoko, che hanno fatto una live session per Kexp fenomenale.

Ovviamente, per ogni etichetta ci sarebbe da parlare (e ascoltare) per ore. Basterebbe dare un’occhiata al volo ai vari cataloghi. Ho preferito riportare i link dei rispettivi siti e usare l’embed dei singoli album ascoltati in questo periodo, altrimenti sarebbe stato un macello. Ad ogni modo, eccoci arrivati in Italia dove Raffaele Pezzella – famoso per il suo progetto Sonologyst – si occupa di esplorare incroci interculturali per il mondo attraverso il suo Unexplained Sounds Group. Grazie a lui ho scoperto questa Anthology of Contemporary Music From Africa Continent davvero ipnotica.

Ancora Africa e America che si uniscono, questa volta nel campo d’interesse della Hot Casa, etichetta parigina che, come molte qui citate, tenta di proseguire un lavoro di riscoperta e diffusione di gemme rare come una compilation di soul togolese degli anni Settanta. Ovviamente, imperdibile.

Non si smette mai d’imparare, e di viaggiare (fisicamente e mentalmente). Grazie alla Numero Group di Chicago sono venuto a conoscenza della preziosa opera antropologico-culturale della Cuca records, che tra il 1959 e il 1973 ha pubblicato molte registrazioni rurali attorno a Dairyland, nel Wisconsin.

Mi fermo, solo per non essere troppo prolisso, tornando al punto di partenza. Two Tribes è una raccolta di musica fatta da artisti che vivono in Europa e ricercano l’incontro con l’accogliente e caleidoscopica mamma Africa. L’operazione di ricerca è stata finalizzata dalla Agogo, etichetta di sede a Hannover.

Bonus label: Night Time Stories, una sottoetichetta della Late Night Tales, che ho scoperto attraverso August 10, brano allo stesso tempo etereo ed emotivo, e la olandese Frente Bolivarista, a cui sono arrivato tramite la raccolta Nomades 2016.

Non staccherei le mani dalla tastiera perché questi suoni portano sulle loro spalle il peso di echi di diaspore, storie umane che si legano a eventi collettivi, sofferenza da affogare nell’allegria del ritmo e della coralità. Piuttosto, vorrei avere una carta di credito illimitata per ordinare in dieci minuti tutta questa musica in vinile. Ne varrebbe certamente la pena, anche solo per l’effetto DeLorean che queste note hanno il potere di sprigionare, facendo passare in secondo piano le crepe della Royal family, il negazionismo degli eventi climatici o i venti di guerra dal golfo Persico.