Ritorno al (non) futuro coi Diplomatics

In perfetto equilibrio tra passato e presente, i Diplomatics hanno attirato la nostra attenzione e non solo per il sound. Così, abbiamo deciso di farci raccontare influenze e ambizioni in un costante legame che unisce il nordest italiano alla Londra infuocata del ’77 e alla nuova ondata post punk britannica. Buona lettura!

Partiamo dal vostro sound; un punk energico, settantino ma che sembra nascondere un’atmosfera malinconica, rabbiosa e contaminazioni contemporanee. Siete d’accordo?

Esattamente, le nostre radici affondano proprio nel punk ‘77, soprattutto quello newyorkese, una scena che ha influenzato molto la nostra attitudine sia musicale che estetica. Dopodiché abbiamo sempre apprezzato le nuove sonorità degli ultimi anni, le contaminazioni che si presentano nei nostri pezzi non sono altro che una normale conseguenza dei nostri ascolti personali, da questo punto di vista ci consideriamo dei modernisti. Aggiungiamoci poi questo malessere generale figlio degli ultimi tempi e un po’ di rabbia repressa non può far altro che saltar fuori nel nostro sound; d’altronde il motto “No future” è sempre stato presente a partire dalla quasi omonima canzone No Heart, No Future del nostro primo Lp.

Nevah è un brano figlio di questo periodo storico, tocca i nervi giusti e sintetizza quella che è un po’ la sensazione che tutti proviamo, al di là di quello accaduto nel 2020. Però, è come se un’euforia fatta di speranza strisciasse dietro ai riff e alle urla.

Senza dubbio è un periodo di merda, nessuno se la sta passando bene, questo è certo. La nostra medicina è sempre stata suonare, suonare e suonare; negli ultimi tempi abbiamo messo più energia nei nostri pezzi, sia in sala prove che nei pochissimi concerti che l’attuale situazione ci ha concesso di fare. Ogni urlo, ogni riff, ogni rullata in Nevah è il nostro modo di smuovere questo piattume che viviamo ogni giorno, una spinta potente che ci motiva a non mollare.

Leggenda narra di date infuocate in giro per l’Europa. Com’è stata la vostra esperienza? Avrà sicuramente influito sul sound e sull’estetica della band.

La nostra esperienza è stata ottima, talmente buona che ci siamo chiesti più volte se valesse la pena fare meno concerti in Italia e organizzare invece più tour europei. Quello che abbiamo notato è che in generale, ad esempio in Francia o Germania, c’è maggiore attenzione per il punk o per il rock’n’roll suonato con le chitarre. In Italia ci è capitato di essere penalizzati per il solo fatto di non cantare in italiano, che se ci pensi è pura follia nel 2020 eppure… C’è anche molta divisione tra categorie: indie, cantautori, rap, punk… ognuno con il suo “giro” e il suo pubblico, mentre mi sembra che all’estero questo sia meno definito, c’è molto più miscuglio musicale e maggiore unione tra diversi artisti e quindi anche tra i rispettivi fan. Tutto ciò ovviamente influisce anche sul nostro stile di fare musica, a partire dall’inglese come lingua adottata; ci pare giusto cercare di parlare a tutti, anche a chi non capisce l’italiano. Un’altra cosa, ricollegandomi a quanto già detto sull’essere ricettivi verso le novità: chiaramente viaggiare per l’Europa e non solo ti aiuta nella ricerca, per noi importante, di nuove musiche e nuovi sound. E anche l’estetica della band va di pari passo con quanto descritto, ma senza dimenticare le nostre vecchie influenze punk ‘77.

Ascoltandovi – ma anche dandovi un’occhiata fugace – non sembrate una band italiana. Potrebbe non sembrare, ma è un complimento! C’è qualcosa del vostro background veneto che vi portate dietro nella vostra musica? Dal video di Nevah si evince una certa vicinanza tra il punk britannico e l’insospettabile scenario di provincia italica.

Il posto in cui sei nato e abiti ti influenza sempre. Il nostro ultimo album, uscito qualche anno fa, si intitola “I Lost My Soul In This Town” e già lì parlavamo molto delle nostre zone e di come sia strutturata la vita nel Nord Est. Per cui, sì, nella nostra musica c’è molto grigiore veneto, assolutamente. Per il video di Nevah abbiamo voluto continuare sulla stessa linea musicale del pezzo – le sonorità più scure e sporche, il ritmo serrato e veloce – e riproporre il tutto anche a livello visivo. I luoghi diroccati che si susseguono sono sparsi nella provincia vicentina. La desolazione e la decadenza che spesso la provincia presenta ci sembravano perfette per dare un volto al sound del pezzo, come a fornire una voce al silenzio di questi posti abbandonati a se stessi. Di sicuro è come se ci fosse una connessione tra Manchester, Leeds o le periferie di Londra e la vecchia provincia veneta; se penso a formazioni come Sleaford Mods, Idles o anche a Gang Of Four, Sex Pistols e Clash, quello che raccontano non è distante da quello che raccontiamo noi e altre band venete. Forse facciamo semplicemente tutti parte della working class in un grigio contesto urbano che ci unisce.

Avrete sicuramente qualche altro brano pronto. È previsto un album? Si muoverà lungo il sound di questo singolo?

Abbiamo pronto un altro singolo che uscirà a breve, sempre per Slimer Records. Poi stiamo lavorando anche su nuovi brani, ma per ora non spifferiamo nulla riguardo a un nuovo disco; quello che posso anticipare è che di sicuro avrà al suo interno molto del sound di Nevah ma non solo.