Un glorioso fallimento
L’eterno presente della Factory Records
(2022)
Rassegna stampa
Sette – Il Corriere della Sera, Rai Radio 2 (Rock n Roll Circus), Rai Radio 3 (Battiti), Radiofreccia,
Il Fatto Quotidiano, Rockol, Billboard Italia, Rumore, Minima et Moralia,
Il Settimanale, Neu Radio, Sentireascoltare, Indie For Bunnies, Kalporz, Radio Rust Station.
Nel 1992, dopo più di settanta artisti e quasi trecento dischi pubblicati, la Factory Records dichiarava bancarotta. I suoi quattordici anni di vita, caratterizzati dalla gestione passionale ed economicamente scellerata dei suoi soci, hanno scandito una storia in cui convivono gli estremi dell’esperienza umana: il fallimento, l’estasi, la morte, l’edonismo. I suoi album hanno fatto storia, le sue grafiche sono finite nei musei e in passerella; è riuscita a trasformare una cupa città industriale dell’Inghilterra settentrionale nell’Haçienda, la pista da ballo più ambita al mondo. Un glorioso fallimento racconta l’epopea e i protagonisti della Factory spulciando il suo catalogo e immergendosi nella sua estetica, camminando per le strade di quella Manchester che ha influenzato l’etichetta ed è cambiata al suo ritmo. La fenomenologia dei Joy Division, gli spot in cui risuona Blue Monday, Kanye West che campiona i Section 25, James Murphy degli Lcd Soundsystem che adora gli Esg, i Biting Tongues che preludevano all’elettronica di Aphex Twin: in queste pagine viene analizzata l’influenza pulsante della Factory nel nostro presente, la genesi del factorysmo, la fascinazione di Virgil Abloh e Raf Simons per la sua musica e le sue copertine. Con una nota di Peter Hook e interviste a Simon Reynolds, David Stubbs, Dave Simpson (Guardian), John Robb (Louder Than War), Toby L (Transgressive Records), Tim Putnam (Partisan Records), Simon Raymonde (Bella Union Records), James Nice (Ltm Records) e Kevin Cole (Kexp).
Politics
La musica angloamericana nell’era di Trump e della Brexit
(2018)
Rassegna stampa
Rumore, Repubblica, Left, Robinson di Repubblica, Sette – Corriere della Sera,
Huffington Post, Radiofreccia, Lettera43, Minima Et Moralia.
La musica ha sempre avuto la capacità di descrivere i cambiamenti sociopolitici che attraversano determinati periodi storici. Gli ultimi anni non fanno eccezione: eventi che stanno segnando le dinamiche sociali come l’elezione di Donald Trump e il referendum sulla Brexit sono due estremi che intersecano problematiche legate alla questione razziale, al tema del gender e all’abuso di potere a sfondo misogino, all’era della post-verità e alle reazioni contro gli attacchi terroristici internazionali. Politics. La musica angloamericana nell’era di Trump e della Brexit prova ad analizzare la connessione tra gli accadimenti storici che stiamo vivendo da vicino e un’intensa e variegata produzione musicale che accomuna le due sponde dell’oceano Atlantico. Si tratta di una reazione estetica e concettuale figlia di un passato che va dalla controversa iconoclastia dei Sex Pistols alle ribellioni elettriche contro l’intervento in Vietnam di Jimi Hendrix, passando per le invettive politiche di Bob Dylan e le provocazioni anti-Thatcher degli Smiths. Gli eredi di questa tradizione si muovono attraverso un intricato presente incastrato tra accelerazionismo e realismo capitalista, rivestono la canzone di protesta di nuovi significati, alla luce di un futuro che è già passato e diventa retromania, e cercano punti fermi per una società liquida segnata dalla crisi finanziaria del 2008. I vincitori dei Grammy 2018 Lcd Soundsystem e National, PJ Harvey, Moby, Algiers, Kendrick Lamar, i rapper del grime e della trap, e tanti altri ancora, ci mostrano come quella che stiamo vivendo sia un’era di incertezze ma, allo stesso tempo, di opere dal forte significato umano e sociale.
Altri titoli:
Patriots, La musica italiana da Berlusconi al Sovranismo (2019)
Scream & Shout, la storia e la musica degli Arcade Fire (2017)